domenica 30 marzo 2014

Nuove Sostanze _ L'Informatica e il rinnovamento dell'architettura


"Alla rappresentazione di logiche assolutamente oggettive (separazione di struttura e riempimento, coerenza tra funzione interna e forma esterna, divisione in zone congrue ai diverse usi) si sostituisce una narrazione. Un edificio non è più buono solo se funziona ed è efficiente, insomma se è una macchina, ma deve dire e dare di più. Tra l'altro quando serve, anche simboli, storie. Possiamo puntare i piedi e appellarci a una diversa eticità, a una diversa moralità? Forse, ancora una volta, centrale è solo il "come". Il momento comunicativo, certo, può essere quello dei grandi hotel disneyani con cigni, sette nani e cappelli da cow-boy, ma può anche non essere un'applicazione posticcia di forme e contenuti simbolici a un'architettura scatolare ad essa estranea. Può essere una narrazione che pervade l'essenza stessa dell'edificio e che si connatura intimamente nelle sue fibre."

Leggendo l'articolo del Prof. Saggio, mi sono soffermata su questo periodo riguardante la comunicazione dell'architettura.
Nella società industriale agli edifici era richiesto di essere funzionali, coerenti, efficienti, insomma di essere delle macchine, mentre nella società moderna, basata sull'informazione, oltre che essere funzionali, essi devono essere in grado di comunicare e trasmettere storie, emozioni, simboli.
Questo accade perchè il mondo di oggi è completamente cambiato e necessita di nuove sfide da affrontare e nuovi strumenti con cui farlo.


Torniamo alla citazione estratta dall'articolo. 
Dopo averla letta più volte, per capire profondamente quanto il Prof. Saggio voleva comunicare, ho avuto un'intuizione! Libeskind!!
Quando sono stata al Judische Museum di Berlino ho provato una quantità indescrivibile di sensazioni. 
Chiunque a questo mondo conosce il terribile percorso della storia ebraico-tedesca, quindi chiunque, osservando o visitando questo museo è in grado di comprendere quanto esso comunichi.
E' proprio questa la parola chiave: comunicare! E con una semplicità disarmante!!

La pianta dell'edificio è composta da due linee: una dritta, ma frammentata in vari segmenti, l'altra tortuosa, spigolosa e sospesa senza una fine.
La forma di saetta richiama la stella di David spezzata, per sottolineare ulteriormente le difficoltà del popolo ebraico di vivere in una terra straniera, tra ostacoli e problemi. 
Nei punti in cui le due linee si intersecano si formano zone vuote, che attraversano l'intero museo e accentuano la sensazione di smarrimento e desolazione che si percepisce all'interno della struttura. 
Il rivestimento delle pareti esterne è interamente di zinco; le finestre sono come squarci irregolari e improvvisi lungo le pareti, che impediscono una vista serena al di fuori del museo, per suscitare nel visitatore un senso di vuoto, di freddezza e ostilità.
All'interno l'architettura viene utilizzata dal progettista come metafora. 
Una volta entrati nella sezione ebraica, passando dall'adiacente palazzo sede del Museo della Città di Berlino, aver sceso una scalinata e essere risaliti attraverso un tunnel sotterraneo, ci si trova davanti a tre percorsi, che simboleggiano i diversi destini del popolo ebraico: la Torre dell'Olocausto, il Giardino dell'Esilio, la Scala della Continuità.

Questa è secondo me la Comunicazione di cui parla il Professore nel suo articolo, quella connaturata all'edificio stesso, quella che pervade architettura e colui che la visita, che la vive, quella che narra una storia anche senza che sia scritto nulla!







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